Scienza&Giochi – Attriti

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Benvenuti in questa serie sulla scienza, in particolare la fisica, dietro ai giochi, siano essi di ruolo, da tavolo o videogiochi.
Questi articoli sono scritti da me con il supporto dell’A.I. Le illustrazioni sono prodotte da ChatGPT.

Che cos’è l’Attrito?

Oggi parliamo di un aspetto spesso trascurato nei giochi ma fondamentale nella fisica reale: la forza di attrito. Che si tratti di un carro che slitta sul fango o di un’astronave che si muove nell’atmosfera di un pianeta, l’attrito è una delle forze principali che regolano i movimenti degli oggetti. Senza di esso, non saremmo in grado di camminare, fermarci o controllare il movimento di veicoli e corpi. Vedremo come si differenzia l’attrito tra superfici (radente) e quello tra un corpo e un fluido (fluidodinamico), fino ad arrivare a concetti come la velocità terminale.

L’attrito è una forza che si oppone al movimento relativo tra due superfici o tra un corpo e il mezzo attraverso il quale si muove. In altre parole, l’attrito è ciò che frena il movimento. Nel mondo reale, tutte le superfici e i fluidi creano attrito, e la sua intensità dipende dalla natura delle superfici o del fluido, la velocità dell’oggetto e il peso.
Ci sono due tipi principali di attrito che esamineremo oggi: l’attrito radente (tra due superfici solide) e l’attrito fluidodinamico (che coinvolge fluidi come l’aria o l’acqua).

L’Attrito Radente

L’attrito radente è ciò che impedisce a un oggetto di scivolare facilmente su una superficie. Ogni volta che camminiamo o guidiamo un mezzo terrestre, è l’attrito a permetterci di muoverci: senza di esso, infatti, scivoleremmo e non riusciremmo a “fare forza” sul terreno circostante, esattamente come non riusciamo a “camminare nell’aria”.
Questa forma di attrito è generato dalle irregolarità microscopiche delle superfici che entrano in contatto tra loro, andando fisicamente a “strusciare” tra loro.

Affinché ci sia attrito radente, è necessario che una forza mantenga il contatto tra le superfici: per esempio, la forza di gravità ci tiene attaccati al suolo e permette ai nostri piedi di fare attrito con esso, mentre ad esempio non possiamo scalare un muro privo di appigli semplicemente appoggiandocisi contro perché non abbiamo a disposizione una forza che ci spinge contro di esso (avremo modo di parlare di gechi e spiderman nei prossimi articoli!).

Di solito si riconoscono due tipologie di attrito radente: quello statico, che impedisce ai corpi di muoversi (e che permette, per esempio, di parcheggiare in pendenza) e quello dinamico, che rallenta i corpi già in movimento.
Entrambe queste forme di attrito radente sono determinate da due fattori: il tipo di superfici a contatto, che assieme determinano un “coefficiente d’attrito” e la forza che mantiene coese le superfici.

Spinta e trascinamento

Riprendendo quanto detto nel precedente articolo, Dungeons & Dragons, oltre a mostrare una capacità di carico, ne mostra una di spinta e trascinamento: nel caso dell’edizione 3.5, essa è differente da quella del sollevamento, mentre nella quinta è pari al sollevamento massimo.

Al di fuori delle semplificazioni dovute all’elemento ludico, il vero problema è che il carico massimo che si può spingere, quindi la forza di attrito statico che si riesce a battere, dipende moltissimo non solo dal peso dell’oggetto (che è la forza che mantiene coeso il corpo con il terreno) ma anche con il tipo di oggetto e di terreno (sarà molto più semplice muovere una cassa di legno sul ghiaccio che sulla pietra) e perfino con la forma dell’oggetto (gli oggetti che si possono rotolare sfruttano l’attrito non tanto per fermarsi, quanto per muoversi…).
Per assurdo, la semplificazione di 5e potrebbe essere pià pratica!

L’Attrito Fluidodinamico e la Velocità Terminale

L’attrito fluidodinamico è la forza che si oppone al movimento di un oggetto attraverso un fluido, che può essere un liquido o un gas. Quando muovi la mano nell’acqua o senti la resistenza dell’aria mentre corri in bicicletta, stai sperimentando l’attrito fluidodinamico!

Si tratta di un attrito più complesso di quello radente, in quanto dipende da più fattori, alcuni dei quali variano nel tempo: la forma dell’oggetto (tra cui l’area esposta al fluido, cosa evidente nei paracaduti); il fludo attraverso il quale si muove; infine, la velocità dell’oggetto.
Quest’ultimo elemento pone un problema matematico: il moto soggetto all’attrito fluidodinamico, non ha un’accelerazione costante, ma che varia al variare della velocità stessa!

Questa caratteristica permette, per ciascun oggetto che si muove in un fluido specifico, di trovare una velocità massima, detta “velocità terminale”, per la quale l’attrito e la forza che spinge il mezzo si equivalgono: il corpo quindi, pur soggetto a una forza che, teoricamente, lo accelererebbe all’infinito, si ritrova a non riuscire a superare una certa velocità.

Questo concetto apparentemente complesso è però alla base del funzionamento dei mezzi di tutti i giorni: se io prendo un’automobile e schiaccio l’acceleratore (che, in teoria, dovrebbe accelerarmi, quindi aumentare senza limite la mia velocità), mi ritrovo a raggiungere una velocità abbastanza costante per quella specifica pressione dell’acceleratore e quella marcia, portandomi di fatto a un approsismato moto rettilineo uniforme.

Il salto della fede

Tutti noi conosciamo bene il Salto della fede: il nostro assassino si lancia da luoghi elevatissimi, come il faro di Alessandria in Assassin’s Creed: Origins, e atterra inerme su un oggetto morbido (di solito un mucchio di paglia).
Un corpo lasciato cadere acquisisce una velocità di circa 9.81 metri al secondo ogni secondo di caduta, diventando sempre più veloce, e ovviamente tale velocità aumenta con l’altezza, raddoppiando ogni volta che l’altezza quadruplica: ad esempio cadendo a 2 metri la velocità al suolo è di circa 6 metri al secondo e per arrivare al doppio della velocità (12 metri al secondo) deve cadere da circa 8 metri.
Se poi mettiamo in conto anche l’attrito con l’aria, la velocità terminale per un uomo adulto che si getta in orizzontale è di circa 56 metri al secondo, corrispondente a poco più di 200 km/h. Chiaramente, un impatto a tale velocità è letale.

Un gruppo di ricercatori del dipartimento di Fisica e Astronomia dell’università di Leicester si chiesto da quale altezza possa lanciarsi il nostro assassino per atterrare incolume: in particolare, gli studiosi hanno preso come 25 g (ovvero 25 volte l’accelerazione di gravità sulla terra) un limite tollerabile di decelerazione senza serie ripercussioni e come 100g il limite sopportabile dal corpo, anche a costo di danni importanti.
I risultati, effettuati tramite un calcolo teorico che approssima un pagliericcio a un cubo di un materiale con determinate proprietà elastiche, mostrano che raggiunta la velocità terminale di 200 km/h servirebbero oltre 20 metri di paglia per sopravvivere inermi e circa 5 metri per portare a casa la pelle: un pagliericcio da un metro e mezzo può essere utilizzato per salti fino a 12 metri e potrebbe impedire la morte per altezze fino a 50 metri.

In ogni caso, non ci prendiamo la responsabilità di confermare questi dati e vi invitiamo a lasciare eventuali prove sperimentali ai professionisti!!!

Queste altezze ovviamente cambiano in caso di salto della fede in acqua, introdotto nei capitoli più recenti.
Qui si possono raggiungere velocità molto maggiori, in quanto il tuffo si effettua in verticale, ma l’acqua può essere anche molto profonda aumentando nettamente lo spazio concesso alla frenata. I tuffatori professionisti si gettano da altezze intorno ai 25 metri, fino agli incredibili 45 metri dei “La Quebrada Cliff Diversdi Acapulco, che tuttavia, pur essendo professionisti, riportano talvolta lesioni.

Potete seguire eduplay su:

BONUS: Una Trattazione Matematica sull’Attrito

L’Attrito Radente

L’attrito radente è una forza parallela alle superfici a contatto, diretta in verso opposto al moto relativo dei due corpi e di modulo descritto dalla formula:

F = μ N

dove F è il modulo della forza, N è la forza normale (cioè la forza che tiene perpendicolarmente uniti i due corpi) μ è coefficientre di attrito (un coefficiente numerico compreso tra 0 e 1 che descrive la “rugosità” delle superfici”.
Questo coefficiente può variare in base al fatto che l’attrito sia statico o dinamico.
Nel caso dell’attrito statico, questa formula rappresenta l’attrito massimo che i due corpi possono sviluppare: non è sempre necessaria “tutta quella forza” per tenere fermi due corpi!

L’Attrito Fluidodinamico

Anche per l’attrito fluidodinamico, la forza di attrito è di verso opposto al moto e il suo modulo è definito come:

F = C v2 ρ A /2

dove v è la velocità del corpo, C è un coefficiente di attrito che dipende dalla forma dell’oggetto, ρ è la densità del fluido e A la superficie dell’oggetto trasversale al moto

La Velocità Terminale

Quando un oggetto è spinto attraverso un fluido da una forza costante, come quando cade, la sua velocità terminale si raggiunge quando la forza di resistenza bilancia esattamente la forza che lo spinge: facciamo un esempio con la gravità!
La forza peso è pari alla massa del corpo per l’accelerazione di gravità g, mentre l’attrito fluidodinamico è quello definito nel precedente paragrafo: quando le due forze si equilibrano, hanno la stessa intensità

Fpeso = Fattrito

ovvero

mg = C v2 ρ A /2

Da questa espressione è possibile ricavare la velocità terminale di un corpo noti gli altri parametri.


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