Scienza&Gioco – Moti rettilinei uniformi

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Benvenuti in questa serie sulla scienza, in particolare la fisica, dietro ai giochi, siano essi di ruolo, da tavolo o videogiochi.

Moto Rettilineo Uniforme

In questo primo articolo ci concentreremo sul moto più semplice e diffuso all’interno dei giochi, quello effettuato con una velocità costante: il cosiddetto “moto rettilineo uniforme”, che si chiama così perché la velocità non cambia e la traiettoria è rettilinea.
Presa una certa porzione di tempo, che sia un turno, una giornata di cammino o una manciata di secondi, un corpo in moto rettilineo uniforme percorrerà la stessa distanza di qualsiasi altra uguale porzione di tempo passata in movimento.
Questo tipo di movimento è la base di molte meccaniche di gioco, influenzando il modo in cui pianifichiamo spostamenti, combattimenti o esplorazioni.


Il concetto di velocità

Tutti abbiamo una percezione intuitiva del concetto di velocità: un corpo più veloce di un altro è quello che percorrerà, nello stesso tempo, una maggiore distanza.
Questo perché la velocità di un corpo è definita proprio come il rapporto tra la distanza percorsa e il tempo impiegato a percorrerla. Il nostro mondo ricco di mezzi di trasporto ci fornisce numerosi esempi di riferimento: se una macchina va a 50 chilometri orari (km/h), vuol dire che percorre 50 chilometri in un’ora.

In fisica, la velocità non è solo legata a un’informazione numerica, ma anche una direzionale: andare a 10km/h verso nord avvicinerà al polo nord, mentre farlo verso sud ci allontanerà e farlo verso est non cambierà la nostra distanza. Per questo motivo, in fisica, la velocità è di solito descritta come un vettore, un oggetto matematico con caratteristiche numeriche e direzionali che viene introdotto nell’apposita pagina delle Basi Matematiche.

Un’altra opzione usata in fisica, più adatta agli eventi che accadono in brevi intervalli di tempi, è esprimere le distanze in metri e i tempi in secondi: in questo modo, le velocità saranno in metri al secondo (m/s), l’unità di misura standard in fisica, dove un metro al secondo corrisponde a 3,6 km/h.

Se prendiamo il movimento standard di un uomo in Dungeons & Dragons, cioè 9 metri in 6 secondi oppure il doppio per un personaggio che non compie azioni se non muoversi: stiamo parlando nel primo caso di 5,4 km/h, la velocità di una camminata abbastanza intensa, e di 10,8 km/h nel secondo, ovvero una corsa di poco superiore al limite del Jogging.

Tempi di percorrenza

Se però io prendo come riferimento un mondo pre-industriale sarà più naturale di ragionare su tempi lunghi, come i chilometri percorsi in un giorno: un esempio famoso sono le legioni romane che, con molto allenamento, buoni calzari e su strade di qualità, potevano percorrere normalmente 20 miglia (circa 30km) al giorno, il cosiddetto “iter iustum”, ma se necessario potevano compiere 24 miglia (“iter magnum”).

Questa distanza era effettuata, come riferimento in 5 “ore estive”: i romani infatti dividevano sempre ogni giorno e ogni notte in 12 ore, col risultato che le ore diurne estive erano più lunghe di quelle invernali e le ore notturne invernali più lunghe di quelle estive. Un’ora estiva di giorni, alle latitudini mediterranee, corrispondeva a circa 75 minuti, quindi 5 ore estive corrispondevano a 6 ore e un quarto.

Questo ritmo di marcia, ignorando eventuali pause, corrispondeva a poco meno di 5 km/h, una camminata abbastanza veloce: marce più estese potevano essere più veloci oppure prendere più tempo.

Per fare il confronto con i tempi di marcia di Dungeons & Dragons, il manuale dell’ultima edizione prevede tre ritmi di marcia: normale, veloce (con una penalità nell’anticipare i pericoli) e lenta (che però permette il movimento furtivo).
Per amor di semplicità e considerando qualche sosta, il manuale assegna le 24 miglia di cammino alla marcia normale, ma di otto ore, associandole a 300 piedi al minuto (18000 l’ora) e 3 miglia orarie (che però sono 15840 piedi), circa 4,8 km/h.

La marcia veloce e quella lenta portano rispettivamente a 400 e 200 i piedi al minuto e, con la stessa approssimazione precedente, 4 e 2 le miglia orarie, anche se le miglia totali qui sono differenti: 30 per la marcia veloce (inferiore alle 32 previste, che quindi sembra durare meno di otto ore o prevedere meno soste) e 18 per quella lenta (che invece richiederebbe 9 ore di camminata, dove il manuale parla specificatamente di otto ore e fornisce penalità per marce più lunghe). Per la marcia veloce si parla quindi di 6,4 km/h, al confine con il cosiddetto “power walking”, mentre il passo della marcia lenta si attesta sulla metà.

Ma i moti sono DAVVERO rettilinei uniformi?

Solitamente, no!

Nel mondo reale, praticamente nessun corpo è capace di muoversi a velocità costante: dal moto delle astronavi a quello delle persone, un moto apparentemente stazionario è in realtà sempre composto da lievissime accelerazioni e decelerazioni (concetti che introdurremo nel prossimo articolo).
In generale, un corpo che si muove a velocità costante dovrebbe subire una forza nulla (anche questo sarà un concetto introdotto in futuro): questa situazione raramente si incontra al di fuori del moto di corpi alla deriva nello spazio profondo, e anche in quel caso si tratta di un’approssimazione.

C’è però un’eccezione: la luce! Essa, finché si trova nel vuoto (altro concetto che è valido entro alcune approssimazioni), viaggia sempre alla stessa velocità: circa 300.000 chilometri al secondo!

Conclusione

Ora che abbiamo compreso il moto rettilineo uniforme e le sue implicazioni, siamo pronti a esplorare come si comportano i corpi quando iniziano ad accelerare. Nel prossimo articolo ci concentreremo su questo fenomeno e sulle sue applicazioni nei giochi e nel mondo reale.

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BONUS: Una trattazione matematica

In questa sezione farò riferimento a una serie di Basi Matematiche che vado a trattare nelle relative sezioni.

Per descrivere il moto di un corpo ci serve innanzitutto un “sistema di riferimento”, ovvero:

  • un riferimento spaziale, un “tempo zero” rispetto al quale indicare quanto tempo è passato
  • uno o più coordinate, associate normalmente ad altrettanti assi cartesiani, sui quali definirò anche stavolta un’origine degli assi come punto che prendo come coordinata zero.

In base poi al tipo di fenomeno che sto studiando, potrei usare diverse unità di misura: se in una corsa tra automobili misuro le distanze in metri e i tempi in secondi, un viaggio spaziale richiederà un tempo di giorni, mesi o anni e distanze di chilometri.

Se quindi, ad esempio, volessi studiare i primi secondi del moto di un corridore, potrei scegliere come tempo e posizione nulli quelli della partenza e un unico asse cartesiano che punta in avanti al quale dare una coordinata “x”.

A questo punto, io potrò studiare il moto di un corpo andando, in vari istanti (ciascuno dei quali avvenuto dopo un certo intervallo di tempo dal “tempo zero”) la posizione di un corpo (di solito immaginando che sia definita da un punto specifico di quel corpo, ad esempio il centro): la legge matematica che mi unisce i riferimenti temporali e le coordinate spaziali si chiamerà “legge oraria del moto” di un corpo.

Il moto rettilineo uniforme è probabilmente il più semplice dei moti, la sua caratteristica è avere una velocità costante. E’ abbastanza facile ricavare la sua “legge oraria” anche in assenza degli integrali.
Chiamiamo la velocità “v”, il tempo t, le posizioni finali e iniziali rispettivamente xf e xi: dalla definizione di velocità come lo spazio percorso (xf – xi) diviso il tempo t otteniamo

  • v = (xf – xi) / t

da cui, con semplici passaggi algebrici, si ricava l’espressione della legge oraria del moto

  • xf = vt + xi

Il segno che attribuisco alla mia velocità dipenderà dal fatto che la mia coordinata x cresca o decresca: le velocità sono positive se i corpi si muovono verso la direzione positiva del relativo asse cartesiano.

Questo approccio è però corretto solo per moti rettilinei uniformi e si rivela errato per moti più complessi, quindi procediamo con un approccio più generale!
Abbiamo imparato che nell’articolo sulle derivate che la derivata di una funzione è proprio il suo fattore di crescita, cioè il rapporto tra la variazione della funzione e quella del parametro.
La velocità, essendo la variazione della posizione rispetto alla variazione del tempo necessario per spostarsi, rappresenta proprio la derivata della posizione.

Possiamo quindi, partendo dall’articolo sugli integrali, usare questa informazione al contrario: se la velocità è la derivata della posizione, la posizione si ottiene facendo l’integrale della velocità.
Facendo l’integrale della velocità, che è costante, usando come variabile “t”, si ottiene che la posizione a un certo istante finale xf è:

  • xf = vt + C

dove v e t sono moltiplicati tra loro, e la costante di integrazione C ed è pari alla posizione iniziale xi del corpo. Si può ottenere facilmente che lo spazio percorso, (xf – xi), è proprio vt, cioè il prodotto tra la velocità e il tempo intercorso. 
Questa espressione è risultata così semplice solo perché v è costante: se invece fosse variata nel tempo, come accadrà ad esempio per i moti uniformemente accelerati, l’integrale avrebbe avuto una forma più complessa.

Quando lavoro in due o più dimensioni, possiamo associare a ogni asse cartesiano una velocità: lavoriamo quindi con un vettore posizione e un vettore velocità.
La formula si scrive nella stessa maniera, usando i vettori al posto delle singole posizioni e velocità: immaginando di lavorare ad esempio con due coordinate, x e y, possiamo scrivere altrettante equazioni lavorando con le singole componenti del vettore che, in generale, potranno essere differenti (avrò quindi ad esempio un vettore velocità con componenti vx e vy che non sono necessariamente uguali).

  • xf = vxt + xi
  • yf = vyt + yi

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